Dopo l’esplosione del fenomeno dell’influencer marketing si è posto il problema della regolamentazione delle collaborazioni tra brand e influencer. I contenuti sponsorizzati, infatti, non sono contenuti qualsiasi e, per trasparenza nei confronti dei consumatori, bisogna rendere esplicito lo scopo promozionale di questi post.

Ma, nel concreto, cosa bisogna fare?

Quali sono le regole da rispettare?

Scopriamolo insieme.

[Ndr: articolo aggiornato il 21 agosto 2019]

 

Advertising, etica e trasparenza

In campo pubblicitario, quella della trasparenza è, da sempre, una questione molto delicata. Se una volta era difficile monitorare gli episodi di pubblicità occulta, con l’avvento dei social media la faccenda non si è certo semplificata. Anzi.

Il pubblico degli influencer è fatto da persone che si fidano di loro, costruendo relazioni personali e durature. Quelle relazioni sono la linfa vitale dell’influencer marketing, e per questo vanno tutelate segnalando esplicitamente i post sponsorizzati.

 

Sicuramente è successo anche a te di chiederti, di fronte a un post o a delle Stories su Instagram, se l’influencer utilizzasse davvero quel prodotto o se fosse stato pagato per promuoverlo. Alcuni potrebbero anche pensare che le aziende che collaborano con gli influencer agiscano in malafede, cercando di pubblicizzare prodotti e servizi senza che le persone se ne accorgano. Un motivo in più per introdurre delle regole in favore di una maggiore trasparenza.

Dal 2017 la Federal Trade Commission ha imposto l’osservanza delle linee guida per una maggiore trasparenza a livello internazionale. Inoltre, in seguito al boom della figura dell’influencer, è intervenuto anche l’Antitrust, ricordando ad aziende e influencer che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile anche sui social network, e invitando gli operatori del settore a utilizzare gli appositi hashtag. E questo vale anche in Italia.

 

Il Codice del Consumo

L’Autorità Garante della Concorrenza sul Mercato (AGCM) si occupa di tutelare i consumatori e di vigilare sul rispetto di una concorrenza sana e leale. Queste tematiche vengono trattate anche nel Codice del Consumo (Decreto Legislativo n. 206/2005, recentemente modificato nel 2016) e nel Codice della Pubblicità

L’art. 20 del Codice del Consumo vieta tutte le pratiche commerciali scorrette, dove con scorrette si intende “Qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.

Anche l’impatto che queste pratiche possono avere sul consumatore non va sottovalutato (art. 18, lett. e): “l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”. 

Sono dunque vietate le pratiche commerciali che risultino ingannevoli, anche solo potenzialmente. Il che non significa solo diffondere informazioni false su un prodotto, ma anche influire sulla capacità di scelta del consumatore. Per le persone non è sempre facile distinguere un contenuto spontaneo da uno sponsorizzato e, dal momento che l’ambiguità crea confusione e incentiva le pratiche scorrette, è doveroso essere il più chiari possibile.

 

Come si traduce tutto questo nella pratica?

Anche se la questione è complessa, le azioni da compiere sono poche e semplici. Ciò che bisogna tenere a mente è di utilizzare hashtag specifici che segnalino le sponsorizzazioni: #ad, #advertising, #sponsor, #sponsored, #sponsorizzato, o, nel caso di fornitura di prodotti a titolo gratuito, #prodottofornitoda. Tali hashtag vanno inseriti in una posizione rilevante per l’utente, vale a dire entro i primi tre (altrimenti è difficile che vengano notati).

esempio hashtag ig
Esempio hashtag #adv

 

Inoltre, già dal 2017 Instagram e Facebook hanno rilasciato un tool per segnalare le sponsorizzazioni nel geotag. Come mostra l’immagine qui sotto, dove normalmente si ha la geolocalizzazione del post, nel caso di post sponsorizzati compare la dicitura “Paid Partnership with” (“Partnership pubblicizzata con”).

esempio paid partnership
Esempio di Paid Partnership

 

Per taggare i partner commerciali:

  1. Dopo aver selezionato la foto o il video che si intende pubblicare e aver aggiunto una caption, tocca Avanti.
  2. Tocca Impostazioni avanzate.
  3. Cerca l’azienda, toccando Tagga un partner commerciale. Attenzione: per comparire nei risultati il partner commerciale deve avere un profilo aziendale.
  4. Tocca il nome dell’azienda che vuoi taggare.

Per maggiori informazioni visita la sezione Contenuti brandizzati su Instagram sul sito ufficiale.

Dal 4 giugno 2019 è disponibile una nuova funzione per gli inserzionisti, che permette di sponsorizzare i contenuti brandizzati amplificandone ulteriormente la portata. Per ora i Branded Content Ads sono disponibili solo per i post nel feed, ma è in previsione di estendere la funzione anche alle Stories. Qui la notizia completa.

Lo scopo, si degli hashtag che del tool, è quello di far sapere al pubblico in modo inequivocabile che i post in cui compaiono non sono solo frutto della vena creativa dell’influencer, ma nascono da una collaborazione retribuita con un brand.

Il che, come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, gioca anche a favore dei brand, che vengono percepiti come più onesti e trasparenti dal pubblico. Se, dunque, ti stai chiedendo se le campagne di influencer marketing risentono negativamente di queste regolamentazioni, la risposta, chiaramente, è no.

 

 

Pratiche scorrette e sanzioni

Per concludere, può esserti utile sapere che ingannare i consumatori, oltre a essere eticamente discutibile, è anche perseguibile. Qui “ingannare” va inteso nel senso più ampio del termine, comprendendo tutte le azioni che possono in qualche modo danneggiare l’utente o i competitor. L’intento è quello di evitare (o quantomeno ridurre) la diffusione di informazioni false su prodotti e servizi, preservando la fiducia delle persone nei confronti degli influencer.

Le violazioni qualificabili come “pratiche commerciali ingannevoli” possono comportare sanzioni amministrative (per le aziende, ma anche per gli influencer) anche molto elevate in base alla gravità e alla durata della violazione. L’art. 27 del Codice del Consumo, al comma 9, prevede sanzioni da un minimo di € 5.000 a un massimo di € 5.000.000. Visto che si parla di cifre importanti, meglio evitare e proteggersi fin dall’inizio, dopotutto si tratta di piccole accortezze.

Anche questo tema ci permette di sottolineare l’importanza di scegliere con attenzione gli influencer con cui collaborare. Non solo devono essere persone che condividono i valori aziendali e rispecchiano l’immagine del brand, ma è opportuno verificare che siano a conoscenza delle norme da rispettare (e che le rispettino veramente).

Ecco perché dovresti affidarti a un servizio professionale: compila questo breve questionario e avvia la ricerca dell’influencer perfetto.

Se, invece, non sei ancora pronto per iniziare una campagna di influencer marketing ma vuoi approfondire l’argomento, puoi scaricare la nostra guida gratuita “Come misurare il ROI dell’influencer marketing”.